A filo d'erba

di Stefano Catone

E se fosse un solo italiano a essere torturato?

Chissà se il ministro Minniti ha letto le agenzie di ieri. Chissà se si è rivisto, nella fotografia pubblicata da Amnesty International che lo ritrae durante la cerimonia di consegna ad Abu Sittah (porto militare di Tripoli) della motovedetta Ras Jadir. E chissà cosa avrà pensato quando, poco più di un mese fa, i video, le fotografie e la testimonianza di Gennaro Giudetti inquadravano la stessa motovedetta che, nelle mani della Guardia costiera libica, effettuava una sconsiderata operazione in mare con la quale intralciaval’operazione di salvataggio messa in atto dalla Sea-Watch 3, una nave di una Ong. E chissà cosa avrà pensato vedendo la Guardia costiera libica picchiare le persone appena “salvate”, e trascinarne una in mare, e lasciarne morire a decine.

Italian Interior Minister Marco Minniti (C) and Libyan Defence Minister of the UN-backed Government of National Accord, Al-Mahdi Al-Barghathi (C-R), speak to the press in the capital Tripoli, following the return of four Libyan Coast Guard ships after undergoing maintenance in Italy on May 15, 2017. / AFP PHOTO / MAHMUD TURKIA (Photo credit should read MAHMUD TURKIA/AFP/Getty Images)

Amnesty accusa Unione europea e governo italiano di aver fornito supporto e assistenza al Dipartimento per il contrasto all’immigrazione illegale «che gestisce i centri di detenzione al cui interno rifugiati e migranti sono trattenuti arbitrariamente e a tempo indeterminato e regolarmente sottoposti a gravi violazioni dei diritti umani, compresa la tortura». Di aver addestrato e fornito equipaggiamento (comprese le navi) alla Guardia costiera libica per intercettare i migranti in mare e riportarli in Libia. Di aver stipulato «accordi con autorità locali, leader tribali e gruppi armati per incoraggiarli a fermare il traffico di esseri umani». «I rifugiati e i migranti intercettati in mare dalla Guardia costiera libica – prosegue Amnesty – vengono trasferiti nei centri di detenzione gestiti dal DCIM dove subiscono trattamenti orribili. In questi luoghi sovraffollati e insalubri si trovano attualmente fino a 20.000 persone».

Il viceministro Mario Giro ha commentato il report di Amnesty dicendo che «accettiamo la denuncia, ma il nostro impegno e la nostra strategia in Libia non cambiano». Cosa vuol dire «accettiamo la denuncia»? Vi dichiarate colpevoli? O che siete ben a conoscenza delle torture, ma che il rifiuto totale della tortura vale per noi occidentali e non per gli africani? Secondo Giro si registrano dei passi avanti e quindi vale la pena continuare. Quanto a lungo si possono mettere in pausa i diritti umani? Ventimila è una cifra tollerabile? Se fossero ventimila italiani «accettereste la denuncia» e non cambiereste strategia? ‌Addestrereste e fornireste supporto a chi fa in modo che siano torturati? O vorreste che fossero liberati subito? Non tra un mese, non domani: subito.

A un italiano è successo, di recente, di essere torturato in Africa. In Egitto, per la precisione. Lo abbiamo saputo troppo tardi. Il governo italiano è stato ed è balbettante e forse c’entravano anche questa volta i migranti e la Libia quando a ferragosto si è deciso un «cambio di strategia» (appunto) rimandando l’ambasciatore italiano al Cairo. Continueremo a chiedere verità e giustizia, per lui e per tutte le persone torturate e ammazzate.

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