A filo d'erba

di Stefano Catone

Il voto utile per cambiare le cose

«Provate a vivere in un mondo che vi considera un problema da risolvere». Ieri sera, durante un dibattito a Sesto Calende sul tema delle migrazioni (insieme a Leonardo Balzarini, Stella Casola e Thierry Dieng), mi sono appuntato questa frase. E’ troppo tempo che, da sinistra, non parliamo di migrazioni e accoglienza. «Fa perdere voti», ci hanno spiegato troppo spesso. Ed è così che il linguaggio comune si è riempito di parole che oramai sembrano neutre, ma che in realtà sono violentissime (l’invasione, la sostituzione etnica, i taxi del mare, casa loro in contrapposizione a casa nostra), in un rovesciamento totale del discorso, per cui ora si ha quasi timore di essere sommersi da un’onda nera di insulti solo per affermare (sui social, al bar) principi tanto umani quanto banali, come che le persone non dovrebbero morire in mare.

Ne abbiamo parlato ieri e anche sabato, quando il mio intervento è stato introdotto dalla lettura di una selezione degli insulti che ho ricevuto proprio perché cerco di sfatare falsi miti sull’immigrazione (qui gli insulti, qui i falsi miti). In entrambe le occasioni ho richiamato le motivazioni con le quali «la Corte d’assise di Milano ha condannato all’ergastolo un cittadino somalo ritenuto responsabile di gravissimi fatti di violenza commessi nei primi mesi del 2016 in un campo di raccolta dei migranti in Libia». Le potete leggere qui: sono molto crude e difficili da sopportare (e per questo non le riporto direttamente), ma necessarie per capire in quale direzione ci muoviamo, qual è, appunto, «il problema da risolvere».

Dobbiamo avere coraggio, soprattutto adesso, non cedere al richiamo del voto utile alle larghe intese, che porteranno al governo ancora Marco Minniti e i respingimenti delegati ai libici, ma del voto utile per cambiare le cose, scegliendo chi più ci rappresenta. La legge elettorale, infatti, è per due terzi proporzionale: solo votando chi ci rappresenta di più rafforzeremo le nostre posizioni in Parlamento.

(E grazie a Barbara, che come promesso ieri sera mi ha portato una tisana per questi ultimi dieci giorni di campagna, i più intensi).

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